Mi sono sempre chiesto cosa provi una persona poco prima di morire ammazzata. È come se il silenzio, quel sottile tappeto di nebbia che avvolge ogni pensiero, diventasse improvvisamente denso, un velo che oscura la vista e soffoca le parole.
In quei momenti, il silenzio diventa il confine tra la vita e la morte, un punto di non ritorno dove ogni frase, ogni gesto, ogni cosa perde inesorabilmente il senso e il mondo esterno svanisce in un’assordante quiete.
“Ti sei mai fermato a pensare al potere della quiete?” disse, poi continuò
“A volte è come una carezza sulla mente, mentre il mondo là fuori sembra scivolare via”.
Giulia, Martina, Oriana, Teresa, Alina, e potrei continuare citando altri 34 nomi, ma non lo faccio perché la vita fugge, e tu non hai tempo. Je n’ai pas le temps. Maria, Sara, Brunetta, Daniela, sono solo vittime. Se questa fosse una parte di un romanzo sarebbe l’incipt di “Maigrit e il fantasma” : “Una faccenda banale, nei limiti in cui una faccenda che mette in causa la sorta di parecchie donne possa essere qualificata banale”.
Il fatto:
Giulia Cecchettin è morta, è morta ammazzata e con se porta tutti i sogni, le speranze, le ambizioni di una giovane donna di 22 anni, porta con se i sorrisi, porta con se i ricordi belli e quelli brutti, porta con se i traguardi, alcuni, ahimè, mai raggiunti.
Di una morte dovrebbe restare il silenzio, dovrebbe restare quell’indole meravigliosa al silenzio.
Il silenzio che non è negazione, è il rispetto per il potere delle pause che arricchiscono il significato delle cose.
E invece quanto chiasso, quanta rabbia che comprendo ma non apprezzo. La rabbia è pericolosa, per quell’impeto così irragionevole che porta con sé. Quando la rabbia prende il controllo, ogni ombra diventa un potenziale nemico, alimentando una caccia senza fine a nemici che forse manco esistono.
Se è sbagliato dire che Giulia sia morta per amore, perché ricordiamolo sempre l’amore non uccide, l’amore non uccide la libertà ma anzi, la nutre. Forse non è così sbagliato dire che Giulia sia morta per rabbia.
È sbagliata, questa ricerca tribale al nemico, è sbagliata. È sbagliato farne una questione di vincitori & vinti, è sbagliata questa politica anti-uomo. “Quando c’era lui noi donne potevamo girare liberamente senza paura” non mi sorprenderebbe sentir dire una frase del genere a una femminista radical-chic di oggi. Figlia di un femminismo più interessato a segnare punti che a creare ponti tra i generi.
Ogni femminista ha segretamente un piacere molto simile all’orgasmo quando una donne muore in maniera violenta a causa di un uomo, solo per il gusto così pessimo ma così umano dell’ostentare, perché sia chiaro non si ostenta solo un capo firmato, si ostenta soprattutto la propria appartenenza.
Fa male, da uomo che rispetta una donna in quanto persona, non in quanto donna, fa male. Fa male essere arrivato alla consapevolezza che il femminismo, quello tossico, sembra credere che il cambiamento inizi solo quando gli uomini chiederanno scusa per esistere. Scusateci, se non siamo d’accordo.
Cosa resta? Non ci resta che piangere, anzi non ci resta che far silenzio, un chiassoso silenzio, un momento di vera e profonda riflessione per una giovane donna di 22 anni morta a causa di un mondo che non è sicuro, non è accogliente delle volte, non è alla portata dei nostri sogni e delle nostre utopie spesso, e probabilmente non lo sarà mai. Tutto è e deve essere migliorabile, nulla sarà mai perfetto. La perfezione è un puzzle senza soluzione, un enigma che ci tiene intrappolati, in molti casi, nella ricerca infinita di pezzi mancanti.
Una riflessione ultima, va all’educazione, un concetto ridondante negli ultimi giorni. L’educazione è sacra. L’educazione dei figli è un viaggio sacro, un cammino condiviso in cui genitori e figli crescono insieme.
Ma così come è giusto e lasciatemelo dire quasi ovvio, insegnare ai propri figli il valore del rispetto nei confronti dell’altro, è altrettanto importante insegnare, come si faceva più una volta di oggi, la conoscenza del pericolo. Ed è paradossale come in questo mondo dove non si raccontano più favole, ma vuole a tutti costi essere fatato, l’importanza di quelle che una volta venivano chiamate “storie di ammonimento”. Leggete le favole ai vostri figli prima che vadano a letto, prima che siano già grandi, prima che sia troppo tardi. è importante che crescano, ohimè, sapendo che questo mondo non è perfetto.
“Si vede qui che i bambini, e soprattutto le bambine ben fatte e aggraziate, fanno male a dar retta a ogni sorta di gente, e che non è mica strano di vederne tante mangiate dal Lupo. Dico il Lupo; perchè non tutti i Lupi son compagni; ce n’è dei furbi, tutti miele e carezze, i quali vanno dietro le ragazze fin nelle case, fino alle cortine del letto. Ma ahimè! chi non sa che questi lupi melliflui sono i più pericolosi di tutti i lupi”.
tratto da “I Racconti delle fate” di Charles Parreult
- Immagine in evidenza: L’immensità del Vuoto di Sara Fassi
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