In un’intervista al programma Belve (Rai 2), Belén Rodríguez ha affermato:
«Sono aggressiva, manesca. Quando mi parte “la sudamericana”… i miei fidanzati li ho menati tutti».
Ha aggiunto, parlando di Stefano De Martino:
«De Martino è quello che ne ha prese di più».
E ha anche scherzato:
«A uno gli ho lanciato un cactus! Qualche graffio… in Argentina le cose si risolvono così».
Se un uomo parlasse in questi termini, verrebbe demolito pubblicamente.
Quando lo fa una donna, invece, viene percepito come “colore”, “passionalità latina”, “temperamento”.
È il classico doppio standard sociale più sottovalutato del mondo moderno:
la violenza femminile viene romanticizzata o minimizzata in chiave ironica, mentre quella maschile viene demonizzata e sanzionata.
Inoltre, l’aspetto più interessante non è ciò che Belén ha detto, ma la reazione collettiva.
Nessun linciaggio mediatico. Nessuna indignazione mainstream.
Solo risate, meme, curiosità.
E questo mostra quanto la società moderna sia miope di fronte alla violenza femminile, soprattutto quando proviene da figure attraenti o iconiche.
A un’analisi più profonda, Belén oggi si trova nel punto in cui il suo ego è più grande della sua rilevanza reale.
Quando dice «sono manesca, li ho menati tutti», in realtà sta gridando:
“Guardatemi ancora. Esisto ancora.”
È l’urlo disperato di chi non accetta l’obsolescenza, di chi sta attraversando la fase calante della propria carriera.
E così, per non scomparire, ricorre a meccanismi tipici del declino:
Svaluta gli ex per esaltare sé stessa.
Si mostra “vera” e “senza filtri” per simulare autenticità.
Rivendica aggressività per mascherare vulnerabilità.
Belén ha perso la posizione di vantaggio nella competizione intra-sessuale femminile, oggi dominata da influencer più giovani, più digitali, più connesse al linguaggio del presente.
In questo scenario, l’unico modo per restare visibile è ricorrere al gossip, al rumore: provocare, scandalizzare, teatralizzare.
Ma dietro la maschera pubblica c’è una figura che sta sempre di più collassando sul piano percettivo.
E questo è l’esito naturale per chi non ha trovato una luce interna oltre ai riflettori del palcoscenico:
l’eco di sé stessa è tutto ciò che resta, e per non affondare nel silenzio, urla, imita sé stessa.
L’effimero le ha dato potere, ora le presenta il conto.
Per sopravvivere psicologicamente dovrà ripensare sé stessa.
