Dodo era fiero.
Dodo aveva ali possenti.
Dodo volava alto nei cieli antichi, sopra mari vasti e terre lontane.
Così giunse a Madagascar, l’Isola Madre. L’isola era ricca.
Trovò cibo in abbondanza, acqua limpida e riparo sicuro.
Dodo mangiava i frutti dolci che cadevano dagli alberi. Dodo beveva dai ruscelli cristallini. Dodo non aveva fame, non aveva sete. L’Isola Madre non aveva nemici, non conosceva la paura
Dodo guardò il cielo e pensò: “Perché volare? Perché correre? Qui è tutto facile, qui posso riposare. Mangiare è semplice, bere è semplice, vivere è semplice.”
E Dodo mangiò. E Dodo riposò. E riposò ancora.
Col tempo Dodo si fece più grande, più pesante.
Le sue ali si fecero piccole, le sue zampe si fecero lente.
“Volare? Non serve più” diceva Dodo. “Correre? Perché? L’Isola Madre mi dona tutto ciò di cui ho bisogno.”
Ma i venti cambiarono. Uomini vennero dal mare con grandi navi. Uomini portarono con sé nuovi animali: cani con denti affilati, gatti silenziosi, maiali voraci.
Gli uomini videro il Dodo, grosso e lento. “Ecco cibo facile” dissero.
L’Isola Madre non era più solo pace. Ora era caccia.
Dodo non sapeva più volare. Dodo non sapeva più scappare. Dodo mangiava ancora, ma non poteva più difendersi. Gli uomini lo cacciarono, lo catturarono, lo mangiarono. Anche i loro animali lo mangiarono. Il tempo di Dodo finì per sempre e lo spirito di Dodo lasciò l’Isola Madre.
Ma lo spirito di Dodo parla ancora: “Ricorda. Non dimenticare ciò che ti rende forte. Non addormentare le tue ali, anche quando la vita sembra facile. Mangiare non basta per vivere, bere non basta per esistere. Quando arrivano i venti contrari, quando giungono i predatori, solo chi ricorda come volare può difendersi e risalire il cielo.”
Madagascar ricorda Dodo, e Dodo ricorda a noi.
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Ciò che si decompone non può rigenerarsi, ma può solo rinascere, sotto altre forme.
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