Odiare le donne non serve
L’odio verso le donne non ha alcun senso. Non in termini morali — che qui non ci interessano — ma in termini logici, funzionali e strategici.
Eppure, una parte non trascurabile della manosphere è degenerata proprio in questa direzione. Perché accade? La risposta è semplice, brutale e psicologicamente prevedibile:
si odia ciò che si desidera ma non si può ottenere.
Quando l’uomo vive la frustrazione di essere escluso dall’accesso sessuale e relazionale, può scivolare facilmente in una narrazione vittimistica: “Sono stato privato di qualcosa che mi spetta”. E come ogni vittima percepita, cerca un colpevole.
Quel colpevole diventa la donna. O meglio: la natura femminile stessa, percepita come selettiva, ipergamica, indifferente, crudele. In questa logica distorta, l’estetica femminile e la selezione sessuale diventano strumenti di oppressione, e chi non supera quei filtri si auto-percepisce come vittima di un’ingiustizia irreparabile.
Ma questa è una narrativa tossica. Perché vittimismo e odio sono sempre due facce della stessa medaglia: generano solo paralisi, stagnazione, livore…
N.B. La società evita di affrontare pubblicamente certi temi sulla selezione sessuale proprio perché implicitamente conosce il rischio.
Odiare le donne è controproducente.
L’odio — verso chiunque — è una forma di investimento energetico a rendimento negativo. Ti lega psicologicamente all’oggetto che odi. Ti immobilizza in una spirale di autocommiserazione e sfogo sterile. Ti isola in echo chamber dove si cerca conferma anziché soluzioni. È una trappola mentale che annulla ogni possibilità di sviluppo personale.
Peggio ancora, odiare le donne presuppone — implicitamente — che esse siano “peggiori” degli uomini. Ma questo è lo stesso errore che commette un certo femminismo radicale verso gli uomini. È lo stesso schema mentale: vittimismo → demonizzazione → odio.
La realtà è molto più semplice e molto più dura: non esistono generi migliori. Esistono generi diversi con comportamenti adattivi diversi selezionati da millenni di evoluzione.
La natura femminile non è né buona né cattiva. È funzionale. Così come lo è quella maschile. Il bias è confondere la natura adattiva delle strategie femminili con una scelta morale deliberata di malvagità.
Chi ha vissuto abbastanza esperienze competitive tra uomini sa perfettamente che esistono uomini vili, sleali, subdoli quanto o peggio di certe donne manipolatrici. Perché il problema non è il genere: è la natura umana stessa, governata da strategie di sopravvivenza, potere, status e riproduzione.
Questa è la realtà. Questa è REDPILL.
La Degenerazione Emotiva e il Tradimento della Redpill
L’odio verso le donne non è altro che un riflesso primitivo della mente umana che, sotto pressione, cerca un nemico semplice da attaccare. È la stessa scorciatoia cognitiva che il femminismo utilizza quando costruisce il mito del “patriarcato”: un nemico vago ma utile a compattare le masse e dare sfogo a frustrazioni profonde.
Trasformare problemi complessi in bersagli facili è una strategia antica quanto l’uomo. Serve a catalizzare emozioni, semplificare il discorso e consegnare ai leader strumenti narrativi facili da somministrare a una popolazione intellettualmente pigra. È in questo contesto che il nome della Redpill è stato sporcato: violentato da detrattori e da presunti “seguaci” che, incapaci di dominare il proprio stato emotivo, hanno riversato nel movimento la stessa ipocrisia e incoerenza che avrebbero dovuto estirpare.
La Redpill non è mai stata un rifugio per uomini rancorosi. È un sistema di pensiero progettato per osservare, decodificare e dominare la realtà.
Chi usa la Redpill per sfogare il proprio odio ha già perso: è diventato preda del sistema che voleva criticare.
L’odio, se emerge, va trattato come sintomo di un contesto malato, non come voce di verità. Le donne non sono il problema. Il vero problema è un sistema sociale che amplifica il peggio della natura umana, che corrompe le dinamiche di interazione tra i sessi.
La consapevolezza serve a costruire strategia, non a nutrire risentimento. Serve a posizionarsi meglio, a capitalizzare opportunità, a diventare una risorsa rara e dominante nel mercato sociale.
La Redpill è un’arma cognitiva.
E come ogni arma, o la usi nel modo corretto o ti uccidi da solo.
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Ciò che si decompone non può rigenerarsi, ma può solo rinascere, sotto altre forme.
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2 risposte
Completamente d’accordo con te, caro Aldo.
Odiare le donne è ingiusto principalmente per l’uomo che odia.
Come hai osservato, purtroppo molti uomini che frequentano la manosphere non sono usciti dalla equazione emotiva di pancia “si odia ciò che si desidera ma non si può ottenere” ne da “Sono stato privato di qualcosa che mi spetta” ne dal vittimismo in generale.
Anche se queste reazioni emotive maschile sono comprensibili e condivise, (vista anche la quantità di provocazioni ” a sfidare” generata incessantemente da un certo tipo di donne sui social e da altri fattori analoghi) sono dell’idea che meglio sarebbe per la manosphere in generale controllare meglio questo odio (parlo anche e principalmente per me stesso, non sono superiore a ciò).
Come ipotesi concreta di come poterlo fare, penso all’autocontrollo che ogni uomo può e deve dimostrare riguardo all’odio verso le donne (ed in realtà anche verso altre tematiche “irritanti”, diciamo).
Meglio sarebbe per tutti se fosse possibile imporre (ma non ho idea di come in concreto) che tutti i partecipanti siano in grado di auto controllarsi su questo punto, come livello minimo accettabile di partecipazione.
In realtà è un processo di trasformazione e crescita che in qualche modo ogni uomo deve fare dentro se stesso, ed un risultato (io credo) sia arrivare a scartare senza rimpianto una serie di “tipi” di donna che purtroppo vanno per la maggiore ma senza essere arrabbiati con loro, semplicemente perché ti è finito l’interesse per … (e non sto a descrivere, si può capire di chi parlo).
Solo una mia idea, che sto cercando di concretizzare per me stesso.
Grazie per il tuo prezioso commento man