Perché MARCO CREPALDI critica la REDPILL e teme il FEMMINISMO

Marco Crepaldi

Chi è Marco Crepaldi?

Molti di voi lo conosceranno già, ma per chi non lo conoscesse, Marco Crepaldi è uno psicologo sociale, saggista e divulgatore scientifico italiano. È noto per essere il fondatore e presidente dell’associazione nazionale Hikikomori Italia. L’associazione, nata nel 2017, si occupa del fenomeno dell’isolamento sociale volontario, noto come “hikikomori”, che coinvolge soprattutto adolescenti e giovani adulti. Crepaldi è diventato noto anche su YouTube, in particolare per aver trattato tematiche legate al fenomeno “Incel” e alla “Redpill”.

Quando affronta argomenti come femminismo e Redpill, lo fa con l’intento dichiarato di mantenere un approccio il più possibile obiettivo ed equilibrato. Tuttavia, il suo atteggiamento risulta sistematicamente conforme alla narrativa dominante. È molto competente, ma si colloca ideologicamente all’interno di una cornice progressista-umanitaria, che non rispecchia né rappresenta le reali istanze dell’intera condizione maschile.

Crepaldi critica molto più duramente la Redpill rispetto al femminismo. Perché?

Perché il femminismo oggi è un’ideologia dominante, protetta da media, istituzioni e cultura popolare. Criticarlo apertamente significa esporsi a un linciaggio sociale immediato: censura, demonizzazione, esclusione. Crepaldi lo sa. Sa che oltre un certo limite, verrebbe masticato, triturato, spezzato e sputato fuori dal sistema come un corpo estraneo. In passato ne ha avuto un assaggio, e preferisce tenersene alla larga.

La Redpill, invece, non ha questo potere. Non controlla le istituzioni, non determina le narrative di massa. Attaccarla è facile, sicuro, privo di conseguenze reali. È come sparare contro un bersaglio già marchiato come nemico pubblico. Ecco perché Crepaldi concentra la sua analisi critica di più sulla Redpill che sul femminismo.

È lo stesso motivo per cui giornalisti, divulgatori e aspiranti tali si fiondano sulla Redpill come avvoltoi su un animale morente e agonizzante: è facile, non costa nulla e consente di guadagnare reputazione a basso rischio.

Una questione reputazionale

Criticare il femminismo è come lottare contro Godzilla. Comporta rischi reputazionali reali e alienazione sociale. Davide Stasi della Fionda lo sa bene: ha affrontato le conseguenze a caro prezzo. Forse, persino io, se potessi tornare indietro, userei uno pseudonimo o una maschera in stile Anonymous. Ma per me è troppo tardi. Sono dentro ormai da troppo tempo.

Crepaldi, che si muove in un contesto accademico e divulgativo, non può permettersi minimamente di attaccare frontalmente un’ideologia percepita come moralmente giusta, anche se ne riconosce parzialmente gli eccessi (es. femminismo radicale o misandria mascherata).

Viceversa, la Redpill è una contro-narrazione: antisistema per definizione, affronta apertamente le ideologie woke, le idee sul ruolo maschile, sulla sessualità e sulle dinamiche di potere. È un sistema di pensiero che descrive il funzionamento reale delle dinamiche sociali, sessuali e gerarchiche senza filtri ideologici. Non gode di alcuna protezione sociale o istituzionale. Attaccare pubblicamente la Redpill non comporta alcun costo reputazionale; al contrario, rafforza l’immagine di chi lo fa come “razionale”, “moderato” e “difensore dell’equilibrio”.

Crepaldi sfrutta questo vantaggio per consolidare il suo personal brand come esperto neutrale e sensibile alle tematiche maschili. E ha successo nel mainstream perché oggi parlare di temi che riguardano l’identità maschile è possibile solo adottando un registro simile a quello degli MRA (Men’s Rights Activists) o delle stesse femministe moderate, in cui l’uomo è rappresentato come vittima del sistema. Non si può parlare di affermazione del maschile in senso autonomo — come espressione identitaria, simbolica o valoriale — perché questo viene immediatamente percepito come una forma di minaccia culturale, qualcosa di politicamente scorretto, quasi reazionario. In un contesto dominato da narrative egualitarie e de-costruzioniste, qualsiasi tentativo di ridefinire positivamente il maschile al di fuori dello schema vittimista viene sospettato di contenere elementi di dominanza, patriarcato o regressione ideologica.

Schema sintetico

  • Femminismo = Ideologia dominante, moralmente giusta → Critica parziale e superficiale, per non perdere status. Solo svantaggi.
  • Redpill = Sistema di pensiero, contro-narrazione, anti-sistema → Critica più aspra, perché socialmente legittimata e a costo zero. Solo vantaggi.

Strategie retoriche utilizzate da Marco Crepaldi contro la Redpill

Focus sugli effetti, non sui fondamenti

Marco Crepaldi, da psicologo sociale, si concentra prevalentemente sugli effetti sociologici osservabili tra coloro che aderiscono alla (presunta) Redpill: isolamento sociale, rabbia latente, sfiducia nelle relazioni interpersonali, ecc.. Tuttavia, non analizza mai il nucleo del pensiero Redpill nella sua essenza reale e strutturale. Quando sembra farlo, si limita ad attaccarne una versione caricaturale.

Inoltre, il focus esclusivo sugli effetti patologici genera una percezione distorta della Redpill, presentandola come “causa” del disagio anziché come risposta adattiva a dinamiche sistemiche preesistenti.

Obiettivo:

Indurre il pubblico a percepire la Redpill non come un sistema adattivo di lettura delle dinamiche sociali, ma come un fattore patogeno, responsabile diretto del disagio sociale e relazionale degli uomini che vi si avvicinano.

Riduzionismo.

Semplifica il sistema Redpill riducendolo a una visione estremista, misantropa o misogina.

Obiettivo:

Associare la Redpill a una forma patologica di pensiero, disinnescandone la complessità adattiva reale.

Esempio: “Chi segue la Redpill pensa che tutte le donne siano inferiori”.

Collegamento emotivo negativo (Bias di associazione)

Associa il concetto Redpill a immagini socialmente negative come:

  • “Odio”
  • “Rabbia”
  • “Depressione”
  • “Frustrazione incel”
  • “Isolamento”

Obiettivo: pregiudicare l’approccio logico del pubblico attraverso una prima reazione emotiva negativa.

Falsa equivalenza con fenomeni tossici

Equipara in modo implicito o esplicito la Redpill a incelismo, misoginia o estremismo sessista. A volte opera delle distinzioni formali, ma nei fatti lascia che questi concetti viaggino insieme, confondendone i confini.

Obiettivo: distruggere la credibilità a monte, impedendo che il pubblico possa esplorare il contenuto razionale della Redpill.

Nota: questa tecnica è una tipica mossa da gatekeeper.

Appello all’autorità sociale

Richiamo alla “scienza”, alla “psicologia ufficiale” o al “consenso sociale” per squalificare la Redpill come “non scientifica” o “non utile”. Ma l’autorità accademica non è di per sé garanzia di verità: un sistema di pensiero può emergere spontaneamente come controreazione funzionale a una crisi reale, senza bisogno di legittimazione istituzionale. È la realtà che legittima la Redpill, non l’accademia.

Obiettivo: usare il principio di autorità come scorciatoia per il pubblico ignorante sui temi di psicologia evolutiva o teoria dei giochi sessuali.

Negazione dell’asimmetria sessuale evolutiva

Ignora o minimizza i dati scientifici su:

  • Ipergamia femminile
  • Strategie di accoppiamento differenziate tra maschi e femmine
  • Dinamiche di dominanza sociale

Obiettivo: sostenere la narrazione che uomini e donne siano sostanzialmente “uguali” nei desideri e nei comportamenti relazionali, cosa falsa a livello adattivo.

Bias cognitivi che sfrutta nel pubblico

  • Bias di conformità: l’essere umano medio preferisce adattarsi alla narrazione dominante per evitare esclusione sociale (ostracismo). Crepaldi incanala questo meccanismo a suo favore.
  • Bias dell’ottimismo sociale: le persone vogliono credere che il mondo sia equo, che l’amore sia incondizionato, che l’impegno porti automaticamente a risultati relazionali. Criticare la Redpill accontenta questo bisogno di conforto.
  • Bias di ingroup/outgroup: dipinge i redpiller come “loro” (gruppo negativo) contrapposti a “noi” (gente equilibrata, civile, ragionevole). Questo rafforza il tribalismo psicologico del suo pubblico.
  • Effetto framing: presenta la Redpill in un frame negativo (“questo è solo odio e risentimento”), invece di permettere una lettura funzionale come adattamento strategico alla realtà.

Conclusione

Marco Crepaldi non confuta la Redpill a livello contenutistico o scientifico. La disinnesca sul piano percettivo ed emotivo usando una combinazione di:

  • Riduzionismo
  • Demonizzazione implicita (travestita da neutralità)
  • Appello conformistico

Lo fa non per ignoranza totale del tema (conosce in parte certe dinamiche evolutive), ma per necessità di posizionamento: nella società attuale, criticare il femminismo può distruggerti, criticare la Redpill ti eleva come “portatore di equilibrio”.

Alla fine, Crepaldi incarna un modello di mediazione funzionale: critica controllata, dissenso consentito, equilibrio apparente. Non offre una rottura del paradigma, ma una sua gestione più accettabile.
In un sistema che premia la conformità mascherata da neutralità, la sua posizione è il compromesso perfetto.

Non lo biasimo: lo comprendo perfettamente. Ma non per questo posso ignorare certi meccanismi. Il mio intento non è screditarne l’immagine o la professionalità, bensì evidenziare dinamiche che, al netto delle intenzioni, hanno effetti concreti sul modo in cui viene percepita e gestita la contro-narrazione Redpill.

In quanto esponente della Redpill in Italia, non posso più tacere. È mio dovere far sentire la mia voce.

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