Fidati di TE STESSO, per fidarti del PROSSIMO

fiducia in sé stessi

“Fidate, nun te fidà!”

Per molto tempo queste poche parole hanno risuonato nella memoria; chiare, enigmatiche, agghiaccianti.

Insieme a loro, l’immagine d’un uomo di periferia di mezza età piuttosto mal ridotto, la pelle livida e raggrinzita, l’alito pesante d’alcool e quella mano tesa accanto alle labbra a direzionare bene le
parole nella mia direzione…

Mi trafissero in effetti.
E a lungo ho creduto, a torto, che quelle parole fossero espressione di una verità assoluta.

Oggi, a ben vedere, il concetto di fiducia nel prossimo è stato accantonato e si esalta invece una forma d’individualità superficiale che non può che portare danno a chi la applica scrupolosamente e soprattutto senza coscienza.

Attenzione.
Parto dal presupposto, che l’individuazione sia necessaria. Vale come un punto di partenza, tuttavia, non un punto d’arrivo.

Si, sono d’accordo che ciascuno di noi è chiamato, attraverso un incessante lavoro certosino, a sviluppare la propria unicità, a coltivarla fino a farla fiorire.

Ma una volta che ciò viene compreso e messo in atto, il passo successivo diventa quasi un passo obbligato, sebbene scaturisca sempre da una scelta consapevole.

Ossia, quello di fare dono della propria unicità a coloro che ci circondano.

Gli Altri.

Tra le molte idee tossiche che vanno diffondendosi, quella d’isolarsi e di coltivare esclusivamente il proprio orticello, è senza dubbio una delle più pericolose.

Che l’uomo e la donna siano animali sociali, è risaputo. Ma la curiosa evidenza dimostra che sempre più “individui” scelgono di isolarsi, razionalizzando il tutto con scusanti che si presentano valide, quali, ad esempio, evitare inutili drammi, evitare sofferenza non necessaria e in generale di vivere una vita più serena.

Sebbene ciò sia un buon punto di partenza per condurre una vita piacevole, non bisogna però mai scordare che come Uomini non viviamo esclusivamente per consumare prodotti, a riparo dalla prima folata di vento che possa destabilizzarci.

La nostra vita non è una collezione apatica di momenti uguali per tutti (lo studio, il lavoro, la
frivolezza e la fossa), ma molto di più. La nostra vita è un’occasione per donare agli altri ciò che di unico abita in noi.

E proprio nell’Altro, dunque, che troviamo un autentico stato di serenità e soddisfazione (leggasi
felicità). L’Uomo, nella condivisione della vita con gli altri, ritrova sé stesso. Ritrova quel “sé stesso” autentico, che nessuno gli ha imposto dall’esterno, ma che sgorga, goccia dopo goccia, lentamente dall’interno.

“Fidate, nun te fidà!”

Non ti fidare di chi ti dice che il prossimo è un animale pronto a sbranarti. Semplicemente non è così. Non ti fidare di chi ti racconta che per essere felice hai bisogno di una macchina più bella, di una casa più grande o di qualche altro oggetto tanto carino quanto superfluo. Non è così.

Fidati, invece, della spinta interna che hai smesso di ascoltare che ti suggerisce che il prossimo è, a ben vedere, appartenente alla tua stessa famiglia, l’Umanità.

Siamo tutti qui per un motivo ben preciso, ma molti ancora non lo concepiscono e intimoriti
scalciano e sgomitano alla cieca.

Certo, così facendo, rischiano di ferire quelli più vicino a loro, ma la causa non risiede in una inesplicabile malvagità, quanto piuttosto in un timore ancestrale che non sanno ascoltare. Dunque, fidati delle tue potenzialità.

Fidati di ciò che non puoi vedere, perché lavora a tuo favore, incessantemente.

Fidati della capacità di affrontare ogni sfida che la vita ti propone, perché ti appartiene.
Potresti accorgerti che il mondo là fuori non tenta di sbranarti.

Invece, ti sta solo chiedendo aiuto.

Ascoltalo.

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