Errata percezione dell’errore
Quando ci guardiamo indietro vorremo non aver commesso certi errori, consapevoli del fatto che le cose sarebbero potute andare diversamente. Tuttavia ci rendiamo conto che senza di essi non saremmo arrivati a formulare questo genere di riflessioni e non saremmo arrivati ad essere ciò che siamo.
Ironica la vita, ci mette sulle spalle questo zaino pieno di sassi, errori, rimpianti e pensieri pesanti, e non possiamo liberarcene: dobbiamo portarlo fino alla fine. Possiamo costruire solo spalle più forti per reggere meglio il suo peso, che spesso aumenta durante il cammino.
Tutti facciamo errori, solo che alcuni ne traggono insegnamenti, altri invece li ripetono.
L’approccio esperienziale è alla base del progresso dell’umanità, eppure nella nostra società c’è una forte demonizzazione dell’errore. Nel nostro sistema scolastico ad esempio, con i brutti voti, o al lavoro, con rimproveri e punizioni.
Questo genera sofferenza e ansia sociale, perché spesso l’uomo moderno vive la possibilità di sbagliare con estrema angoscia e ha difficoltà ad apprendere o a cimentarsi in nuove esperienze.
L’errore non viene visto come un’opportunità per imparare, ma come un male da evitare a priori.
Paradossalmente questa limitazione concettuale ci mette nella condizione di commettere molti più errori di grande portata, perché, posti davanti all’inevitabile, non riusciamo a trovare delle soluzioni adeguate, poiché non abbiamo avuto modo di confrontarci con tanti piccoli errori fisiologici e propedeutici, in grado di prepararci alle grandi difficoltà della vita.
In questo modo, un errore di grossa entità, impatterà con un peso ancora maggiore sul nostro equilibrio psicologico, perché non ci vengono forniti gli strumenti intellettuali giusti per far fronte ai nostri errori, ma siamo obbligati a costruirceli da soli, dopo aver impiegato più tempo e risorse, e dopo aver subito ferite più profonde di quelle che sarebbero state necessarie.
Un esempio: è come se un operaio edile non facesse mai pratica con gli strumenti base del mestiere (cacciavite, bulloni, chiodi), e poi un giorno, costretto dalle circostanze, utilizza un martello pneumatico o una sega circolare. Senza la preparazione di base ci sono sicuramente più rischi.
Cerchiamo di evitare gli errori e finiamo per costruire rimpianti
Il rimpianto nasce spesso dalla paura di commettere errori, così facendo finiamo per evitare anche potenziali situazioni piacevoli.
Ti sarà capitato, ad esempio, di non essere andato a parlare con quella ragazza seduta al bar per paura di sbagliare, di fare una brutta figura, e ti stai chiedendo: chissà come sarebbe andata a finire se quel giorno ci avessi provato. Bene, non potrai mai saperlo, forse hai evitato di fare brutte figure, ma forse hai evitato anche una bella esperienza.
Immagina di fare lo stesso in altri ambiti più importanti. Se scrivo ciò è perché io stesso ho perso delle occasioni per paura di sbagliare,
Lo spreco di potenzialità genera il più colossale dei rimpianti, quello più pesante da sostenere.
Solo tu puoi davvero essere in grado di venire a conoscenza delle tue abilità innate e svilupparle al massimo.
Trova il tuo flusso vitale, asseconda l’impeto energetico che ti pervade, diventa ciò che intendi diventare, fai ciò che sai fare meglio. Ma per riuscire in tutto questo, è inevitabile collezionare una lunga sfilza di errori.
Le difficoltà ci spronano a rimboccarci le maniche e a passare all’azione. Ogni errore richiede un provvedimento, ed ogni provvedimento va trovato, altrimenti finiremo per subire le conseguenze dell’inazione. Il processo di ricerca richiede energie, forza mentale, resistenza e capacità di reazione. La nostra è una crescita post-traumatica, nella quale il dolore, la sofferenza, le esperienze brutali, le difficoltà, i problemi, gli errori, ci consentono di evolvere, innovare, diventare più forti e più sapienti.
“L’energia in eccesso che scaturisce dall’iperreazione di fronte ad una difficoltà è ciò che ci permette di innovare”
Nassim Nicholas Taleb – Antifragile
Il modello a formaggio svizzero di James Reason
L’errore è un processo che innesca effetti collaterali non conformi a quelli previsti
La rappresentazione più interessante della sequenza di un errore è il modello del formaggio svizzero, detto anche dello human error, proposto da James Reason nel 1990.
il modello paragona i diversi piani su cui si possono verificare degli errori a fette di formaggio svizzero.
in un mondo libero dall’errore il formaggio non avrebbe buchi. Nella realtà il formaggio è tagliato a fettine, e ognuna ha più fori che si sono formati in periodi diversi e in punti differenti.
Un errore non viene notato o non è rilevante quando l’evento provoca un solo buco. Si verifica invece una catastrofe nel momento in cui i buchi delle varie fette si sovrappongono l’uno sull’altro e annullano all’istante ogni provvedimento di sicurezza.
Il modello viene utilizzato soprattutto nei settori dove l’errore potrebbe avere esiti mortali, come per esempio in Medicina o nel trasporto aereo.

Tipi di errore:
Errore puro
si ha quando si rileva una misura sbagliata
Errore di distrazione o dimenticanza
si verifica quando ci si dimentica di compiere qualche passaggio durante un’operazione
Errore da lacuna
si ha facendo in modo sbagliato una misurazione di per sé giusta


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Ciò che si decompone non può rigenerarsi, ma può solo rinascere, sotto altre forme.
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