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Solitudine: definizione del termine
Quando pensiamo al concetto di solitudine, subito si fanno spazio nella nostra mente le sensazioni connesse al sentirsi soli, come se avessimo già chiaro di cosa si tratta. Ma se volessimo provare a spiegare cosa sia, potremmo trovare qualche difficoltà. Come possiamo definire la solitudine?
Proviamo in questo modo: la solitudine è una condizione esistenziale che deriva principalmente da uno stato di isolamento dell’individuo, in particolare quando quest’ultimo fatica a mettere in accordo il proprio mondo interiore con la realtà esterna. A causa della discrepanza tra queste due dimensioni, viene a crearsi una frattura che può generare disagio e spingere la persona ad isolarsi.
Solitudine: positiva o negativa?
La solitudine è talvolta necessaria; avere momenti in cui si rimane da soli è un modo per riuscire a ricaricarsi, rielaborare pensieri, concetti, trovare nuove strategie per sé. Pensiamo per un attimo agli antichi ad esempio, che si ritiravano nei loro momenti di meditazione. Questa è una solitudine positiva.
Quando però la solitudine diventa una condizione cronica, dunque non una scelta ma una sorta di costrizione dovuta a circostanze particolari, oppure si trasforma in un isolamento sociale dovuto alla paura del confronto, é del tutto negativa e arriva a fare del male.
La solitudine è una bella casa, ma solo per passarci le vacanze, non per abitarci.
Alienazione e competizione sociale
La solitudine colpisce maggiormente gli uomini; sia per una sorta di empathy gap nei confronti del sesso maschile, il quale deve provvedere al mantenimento di standard competitivi, sia dal punto di vista mentale e fisico, in quanto necessita di essere sempre al top nel processo di produzione.
È un processo che vede l’uomo come protagonista; ad esso, si sovrappone anche il meccanismo biologico secondo il quale due dei fattori considerati dalle donne nella ricerca del proprio partner sono le risorse economiche e lo status individuale (ne ho parlato qui).
L’uomo più della donna concorre per queste due cose. Dunque, sia per ragioni strutturali che per ragioni sociali intrinseche alla natura umana, l’uomo può subire maggiormente l’esclusione sociale. Di conseguenza può soffrire di più di solitudine.
L’uomo è quindi caricato da aspettative e pressioni sociali enormi. Non è un caso che il fenomeno sociale degli Hikikomori sia molto diffuso in Giappone. Gli Hikikomori per chi non lo sapesse, sono ragazzi — il 90% di sesso maschile — che scelgono volontariamente di recludersi in casa senza avere contatti abituali con il mondo esterno; sopraffatti da una società ultra-competitiva, come può essere ad esempio quella nipponica, creano un’illusoria bolla protettiva che li preserva da una realtà opprimente.
Percezione dell’emotività maschile
Dal punto di vista della psicologia evoluzionista, un uomo può trovare come desiderabili caratteristiche di vulnerabilità femminile, come timidezza e insicurezza, al contrario, una donna quasi mai trova attraenti caratteristiche di vulnerabilità maschile. Di conseguenza, gli uomini tendono a reprimere di più delle donne i propri stati d’animo associati alla vulnerabilità, sia per non essere esclusi dal mercato sessuale dalle donne, sia per timore di non guadagnare reputazione e stima da parte degli altri uomini. È qualcosa di radicato nel tessuto sociale umano da sempre.
La donna attratta dalle caratteristiche di vulnerabilità maschili, in realtà è attratta spesso dal contrasto. Mi spiego meglio, è attratta se nota che in quell’uomo le caratteristiche di vulnerabilità sono ben bilanciate dalle caratteristiche di forza e dominanza. Lo è ancor di più se si rende conto di avere un percorso preferenziale che le consente di conoscere in via esclusiva le caratteristiche di vulnerabilità, mentre tutti gli altri sono a conoscenza solo delle caratteristiche di forza e dominanza di quell’uomo. In un certo senso, l’uomo è comunque “costretto” a esporre di meno le proprie debolezze.
Una delle cause della solitudine dell’uomo è la difficoltà di rendere partecipi gli altri della propria sfera emotiva, ma anche la difficoltà degli altri di interessarsi sul serio alla sfera emotiva maschile.
Una vita priva di significato
L’uomo da sempre si è spinto oltre i confini alla scoperta di nuove terre e risorse per soddisfare al meglio il fabbisogno del proprio nucleo di appartenenza. Questa spinta vitale lo ha portato a nutrire le proprie ambizioni consegnandogli uno scopo. Traslando questo concetto in qualcosa di più astratto e intangibile, è possibile dire che ogni uomo intraprende un viaggio alla scoperta di se stesso con l’obiettivo di arrivare alla conquista di una verità personale, un senso alla propria esistenza, una dimensione intima nella quale sistemare al meglio la propria coscienza, un qualcosa che lo appaghi nel profondo della suo essere.
Ma attualmente sono ben poche le occasioni in cui l’uomo può mettere alla prova il suo spirito pionieristico, dove questa spinta vitale antica prende forma, fluisce liberamente: si trova imprigionato in un loop fatto di routine, lavoro, tasse, relazioni effimere e vizi. L’uomo sopprime una parte di sé che non può più soddisfare e vive una vita che lo priva di un significato portante che lo sostiene. L’unica fuga da questo sistema di catene sembra far confluire tutte le proprie energie nell’edonismo, ovvero la ricerca del piacere sfrenato. Donne, soldi, successo… Ma come mai ci sono uomini che arrivano in alto in termini di successo, ottenendo tutte e tre le cose, e sono ugualmente soli e infelici? Proprio perché non trovano il significato portante che da senso e sorregge la loro esistenza.
La solitudine maschile nasce dalla mancanza di risposte a domande profonde rivolte al proprio io, o dalla mancata formulazione di queste domande. L’uomo si perde in un abisso di non-risposte mentre brancola in un buio amorfo che non conosce.
In un certo senso, la depressione stessa si forma dalla cristallizzazione dell’energia vitale nei canali della coscienza, che smette di fluire e crea solo fessure stagnanti che tenta di colmare inutilmente con conquiste effimere.
Esistono due tipi di uomini: quelli che stanno bene riempiendo solo il ventre (per questi, soldi donne e successo sono tutto) e quelli che hanno bisogno di riempire il cuore con un Senso. Nell’animo di quest’ ultimi esiste un vuoto a forma di Dio, che nessun bene terreno colmerà mai.
Riccardo Ricci (dalla community di Essere Uomo)
(Mi rendo conto che il discorso potrebbe apparire complesso, ma è un argomento che richiederebbe un intero volume. Provo a riassumerlo in un articolo).
Mancanza di veri legami in una società corrotta
In passato era importante per l’uomo costruire legami solidi e duraturi con altri uomini per permettere di sopravvivere e prosperare in ambienti ostili. Le coalizioni maschili erano fondamentali e si basavano su rapporti di fiducia e alleanza reciproca. In un ambiente ancestrale con molti pericoli e nemici era paradossalmente più facile valutare chi era un valido alleato e amico, e chi invece era un impostore.
La condivisione di esperienze, dove era in gioco la sopravvivenza del collettivo, consolidava i rapporti tra i singoli.
Per fare un esempio moderno: in guerra i soldati stringono salde amicizie proprio perché in questo contesto le difficoltà sono molto alte e le esperienze brutali. Sopravvivere insieme a battaglie sanguinose cementifica il rapporto tra i soldati. Diventano molto più che commilitoni; diventano fratelli.
Questa non vuole essere un’esaltazione della guerra, ma serve a sottolineare l’importanza storica che hanno avuto le coalizioni maschili. L’evoluzione, come suo solito, ha selezionato nell’uomo quei tratti che hanno favorito la creazione delle coalizioni.
All’interno delle coalizioni maschili si creano delle divisioni di potere. In contesti difficili queste divisioni seguono un andamento meritocratico perché ne va della sopravvivenza dei singoli. Il leader della coalizione è quindi uno che si prende il maggior carico di responsabilità perché è colui che più degli altri è in grado di ricoprire quella carica. Le pressioni esterne condizionano gli equilibri interni delle coalizioni. Ma cosa succede in mancanza di pericoli e di pressioni esterne? Gli impostori possono prendere le cariche di controllo senza averne merito.
In quest’ottica possiamo vedere la società come un’enorme estensione delle coalizioni maschili, nel quale al suo interno sono subentrate anche le donne, poiché la forza fisica non è più un requisito necessario. Siccome non ci sono pericoli e pressioni esterne, è più facile che gli impostori occupino ruoli significativi e individui validi si posizionino ai margini, senza che la società collassi. Questo accade anche perché, in società ancestrali composte da pochi individui, era importante che tutti contribuissero al meglio ed era più difficile per gli impostori agire indisturbati; mentre, nelle società moderne, è possibile includerli senza compromettere in maniera irreversibile il sistema nella sua totalità.
La solitudine maschile deriva anche dall’emarginazione e dalla consapevolezza di non essere valorizzati per il proprio reale potenziale e dalla presa di coscienza, spesso traumatica, di dover assistere all’ascesa immeritata degli impostori. L’uomo non sempre riesce a dar prova del proprio valore e sente di non poter fare la differenza in un mondo che non sente appartenergli.
In una società individualista come la nostra cade il concetto di coalizione, di alleanza e ognuno lavora per sé per raggiungere i vertici della gerarchia sociale. I rapporti umani sono soltanto funzionali al raggiungimento di tale scopo e non sono mirati al benessere del collettivo.
Le amicizie opportunistiche
Sulla scia di ciò che abbiamo detto, parliamo delle amicizie. Gli amici spesso si comportano da tali fino a quando possono trarre un utile dal rapporto di amicizia. Nel momento in cui non vi è più un ritorno d’interesse, annullano il loro investimento perché ritenuto perdente e si allontanano gradualmente.
Per la maggior parte degli individui, l’amicizia è finalizzata al soddisfacimento dei propri bisogni (riempire un vuoto emotivo, essere parte di qualcosa, essere apprezzati, ritorno in termini economici o di immagine).
Paradossalmente dare maggior valore ai legami può metterci nella condizione di sperimentare di più la solitudine. Proprio perché ci sarà quasi impossibile costruirne uno all’altezza delle nostre aspettative. Spesso erroneamente tendiamo a credere che la volontà di costruire veri legami disinteressati appartenga anche agli altri. Da qui deriva il malcontento, la stanchezza e la solitudine. Non è un caso che a sentirsi soli sono i soggetti più sensibili.
Gli amici, per lo più, non vogliono che la nostra vita sia migliore della loro. Forse non vogliono vederci star male, ma neanche star meglio di loro. Il nostro successo li mette a disagio e non è raro che inizino a boicottarci proprio quando credono che li stiamo sorpassando. Detestano il fatto che ci stiamo evolvendo e stiamo trovando una collocazione nel mondo migliore della loro. Iniziano a dire che siamo cambiati, che non siamo più quelli di un tempo, che li stiamo trascurando (anche se non è così), oppure tacciono e fingono che vada tutto bene, ma nei fatti poi si distaccano con freddezza.
Se invece riusciamo davvero ad ottenere molto successo, superando le più rosee aspettative, vi è una sorta di effetto rebound: ovvero quegli stessi amici che in un primo momento ci boicottavano, vogliono di nuovo far parte della nostra vita per trarne eventualmente beneficio.
In poche parole, consapevoli che il loro atteggiamento passivo-aggressivo di ostracismo nei nostri confronti non ha portato risultati, tentano il riavvicinamento per essere parte della nostra riuscita.
Anche la strada per l’autorealizzazione spesso è una strada solitaria.
Uscire dalla solitudine
Per noi uomini sembra essere faticoso uscire dalla solitudine, non c’è nessuno che empatizzi per la nostra situazione. È come se dovessimo continuamente dare prova del nostro valore. Dobbiamo rispondere al modello del vincente e temere l’etichetta del fallito. È una società dove un uomo disoccupato prova una vergogna intensa verso sé stesso, manco stesse facendo un crimine. Le problematiche maschili vengono spesso sminuite e poco considerate.
All’uomo vengono imputate spesso molte colpe, una di queste è quella di favorire una società patriarcale; l’errata percezione che si ha dell’uomo è quella di “cattivo”. I bisogni maschili vengono sottovalutati come se, a causa della sua “posizione privilegiata”, meritasse meno attenzioni e riguardi. Trovarsi in una posizione del genere non è semplice; vorremmo poter contare sugli altri, sulle persone, su amici da poter chiamare “fratelli”, sul sostegno delle persone care. Questo però, non sempre, purtroppo, è possibile. Bisogna riuscire, dunque, ad immaginare la solitudine come una grande prova; una prova che non sempre è possibile superare, ma quantomeno tentare di farlo, perché lo dobbiamo a noi stessi. Prendere dentro di noi la forza, dalle proprie vene, da ogni cellula del proprio corpo e utilizzare il tempo della solitudine come un tempo per sé, per costruire, mattone dopo mattone, la propria individualità: solida, potente, a tratti anche temibile (nel senso più ampio di indistruttibile). Nel caso in cui, invece, fare questo processo risulta difficile, non dobbiamo sentirci in errore; piuttosto, è necessario cercare e prendersi il diritto e il dovere verso se stessi di rivolgersi a dei professionisti, avendo l’umiltà di ammettere quelle che sono le proprie, normali, debolezze umane.
La community di Essere Uomo
La community di Essere Uomo intende contrastare il fenomeno della solitudine maschile. Nella mia visione c’è quella di aver creato uno spazio per gli uomini nel quale poter esporre le proprie problematiche e sentire di poter contare su degli alleati da ogni parte di Italia. Siamo già in molti, se intendi farne parte, scrivimi su Instagram o su Telegram e ti invierò il link per accedere al primo gruppo Telegram in Italia unicamente composto da uomini.
Dedico l’articolo a Vincenzo R., uno dei membri della nostra community che mi ha chiesto di parlare di quest’argomento.
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Ciò che si decompone non può rigenerarsi, ma può solo rinascere, sotto altre forme.
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