Oggi, pezzi pop-trash come quelli della rapper Anna Pepe rappresentano perfettamente lo specchio della società attuale e dei valori a cui vengono esposti ragazzi giovanissimi, in piena sintonia con il tipo di società che ci ritroviamo davanti: superficiale, narcisista, ipersessualizzata e assuefatta a visibilità e status a basso costo.
Questo è l’effetto tangibile di uno schema invisibile: in parte spontaneo, in parte costruito, ma sempre funzionale a un design psicosociale di intorpidimento culturale.
Un meccanismo che rende inerti le future generazioni di maschi e femmine, anestetizzandone lo spirito critico e impedendo la formazione di un’identità autonoma. Così restano incatenati al paradigma consumistico — lo stesso a cui le classi elitarie subordinano sistematicamente la maggioranza.
Uno schema collaudato: vendere ambizioni di plastica e sensi di realizzazione monetizzabili, generando un flusso economico continuo in cui tutti si sentono protagonisti, mentre agiscono in realtà da comparse. Zombie funzionali che alimentano inconsapevolmente il sistema senza mai metterne in discussione l’impianto.
Analizzeremo questo brano per scomporne struttura, sottotesti e payload valoriale.
Leggiamolo insieme.
TT Le Girls di Anna e Niky Savage
“Girl, puoi dirmi che cosa guardi
Non capisco se mi odi oppure vuoi baciarmi
Sei l’unica dentro il party
E che mi sta guardando come mi guardano i maschi
Addosso ho la tutina tutta glitterata
Piena la serata, solamente per me
La più figa quella che prima era una sfigata
Adesso fa sfilata, adesso è una vera bad
Tutte le girls mi amano
Tutte le girls mi chiamano
Ho provato avere amiche ma
Tutte le girls infamano
Io ne so davvero una più del diavolo
E se parlo faccio cadere il domino
Grido “vamonos”, bevo il solito
Faccio il panico
Porto pure tutte le girls, voglion stare con me
Come se fossi un boy, però sono una bad
Sarà il sex appeal che le fa andare mad
Oppure una fake bitch che ha bisogno di cash
Tiki taka, basic …
Tik tak, corro, metto il NOS
Zig zag, alzo motocross, si girano tutte le girls
Giudicami come ti pare e piace
Troppe b*tch, manco piscio in pace
Mollami che non sei mia madre
Crocifisso matchato alle mutande
Tu lo sai come sono
Mille tipe nei dm, sono troppo bono
Cosa ti devo dire
Mia madre mi ha fatto playboy, playboy
Vieni che non ti annoi
Mi serve solo l’ok poi se mi dici che vuoi ti cavalco cowboy, boy
La tua amica dice che non puoi
Ma è gelosa lo sai, vorrebbe fare ste cose ma non le farà mai
Tutte le girls, voglion stare con me
Come se fossi un boy, però sono una bad
Sarà il sex appeal che le fa andare mad
Oppure una fake bitch che ha bisogno di cash
My love, big giga perle per te, così finiamo sotto le coperte
La mia baddie mi passa a prendere, non ha ancora fatto la patente
Non tocco-co più la coco, cambio la face, emoticon
Sono iconico, fanno i cori mo’ ed è logico che mi vogliono tutte le girls
Tutte le girls, voglion stare con me
Come se fossi un boy, però sono una bad
Sarà il sex appeal che le fa andare mad
Oppure una fake bitch che ha bisogno di cash“
Analisi Redpill
1. Ambiguità e tensione sessuale come strumento di potere
“E non capisco se mi odi oppure vuoi baciarmi”
Classico meccanismo di dissonanza seduttiva. Viene usata l’ambiguità per generare tensione emotiva. È una leva potentissima nella dinamica inter-sessuale, soprattutto femminile. Perché? Perché l’ambiguità aumenta la rilevanza nella mente dell’altro. Più confusione crei, più spazio mentale occupi.
2. Inversione di ruoli e mimetismo maschile
“Come se fossi un boy / Però sono una bad”
Qui siamo nel pieno della mascolinizzazione comportamentale femminile, fenomeno ormai dominante nei contesti occidentali. Il soggetto femminile assume tratti tipicamente maschili — potere, ricerca del dominio sociale, clout — senza però rinunciare ai benefici di essere donna nel mercato ipergamico e consumista.
3. Costruzione identitaria superficiale
“Quella che prima era una sfigata / Adesso fa sfilata”
Questa è la narrativa della rivincita sociale. Funziona come rinforzo per l’ego female-powered. È la classica parabola della ragazza nerd diventata hot. Un upgrade dello status tramite un cambiamento estetico, seguito da una vendetta comportamentale per validarlo ancora di più. Chi prima era invisibile, ora cerca visibilità e se la prende.
4. Network intra-femminile tossico
“Ho provato a avere amiche, ma tutte le girls infamano”
Questa è una verità parziale. Il female social circle è ipercompetitivo, fondato su gerarchie implicite e dinamiche di sabotaggio soft. L’alleanza tra donne è fragile, spesso solo apparente. Quando entra in gioco lo status, saltano tutte le maschere. La solidarietà femminile è una narrativa di copertura, non una struttura stabile.
5. Il culto del sé come brand
“Tutte le girls mi amano / Tutte le girls mi chiamano”
Qui il soggetto non è più una persona. È un brand. Un’entità pubblicitaria. Un profilo Instagram che vive di validazione. Questo è il trionfo dell’identità performativa: esisto perché vengo guardata. Guardatemi sono all’apice della gerarchia. L’estetica sostituisce la sostanza. È il dominio del narcisismo femminile su larga scala.
Giudizio finale
Questa canzone rappresenta lo zeitgeist tossico della cultura femminile post-2020: iper-narcisismo, mimetismo maschile, tribalismo liquido, branding individuale, controllo percettivo, ipergamia aggressiva, monetizzazione dell’estetica sessuale. Non è un caso che molte ragazze oggi si rispecchino in questo tipo di narrazione.
È un brano pop-trash allo stato puro: caotico, sessualmente ambiguo, identitario in modo fluido ma superficiale, completamente immerso nella logica dello status signaling e dell’automistificazione.
È propaganda valoriale. Soft power per modellare menti giovani dentro una narrativa in cui conta solo il power game. Sembra dire, la femmina moderna non cerca amore. Cerca influenza, potere. E questa canzone lo grida a tutto spiano, senza filtri.
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Ciò che si decompone non può rigenerarsi, ma può solo rinascere, sotto altre forme.
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