È diffusa, soprattutto in alcuni ambienti maschili disillusi dalle relazioni con le donne italiane, la convinzione che le donne straniere – in particolare in contesti come l’Asia o l’Est-Europa – siano più “disponibili” o “migliori” rispetto a quelle nostrane. Molti expat riportano esperienze apparentemente più gratificanti e si presentano come più efficaci nel trovare partner in questi paesi. Tuttavia, questa interpretazione è frutto di una distorta percezione delle dinamiche sociali e sessuali.
Le donne non cambiano nei loro meccanismi fondamentali. Cambiano i parametri di valutazione. Il comportamento femminile è regolato da logiche evolutive e adattive universali, modellate da milioni di anni di selezione naturale. Quello che muta nei diversi contesti è il valore percepito dell’uomo all’interno del mercato relazionale locale.
In società con standard economici più bassi e gerarchie sociali differenti, un uomo italiano o occidentale può automaticamente accedere a un livello di status superiore grazie al suo capitale, al passaporto, al suo potere simbolico. Dunque, ciò non è dovuto a una maggiore “virtù femminile“, ma a una diversa collocazione dell’uomo nella scala gerarchica locale. L’uomo non attrae perché le donne siano “migliori”, ma perché è lui a valere di più in quel contesto.
Ciò genera una percezione illusoria: l’uomo attribuisce la propria riuscita a una presunta superiorità delle donne straniere, senza rendersi conto che sono le stesse dinamiche adattive a essere semplicemente attivate da un diverso equilibrio di potere.
Le leggi della selezione sessuale non cambiano con la latitudine. Cambia il contesto. Le donne rispondono ovunque agli stessi stimoli: status, risorse, dominanza, protezione, segnali genetici. La cultura può modulare l’espressione superficiale di queste tendenze, ma non ne altera la radice biologica.
Decine di studi in ambito di psicologia evoluzionistica (Buss, 2003; Schmitt, 2005) confermano la costanza dei pattern di selezione sessuale tra culture, religioni e razze. Le differenze riscontrate sono spesso quantitative, non qualitative: variano le soglie di accettabilità, non le strutture profonde.
Dunque, le donne straniere sono davvero “migliori” delle italiane? La risposta è no. O, meglio, non esiste un “meglio” o “peggio” in senso assoluto. Esistono contesti relazionali differenti in cui variano i parametri di valutazione, non la natura femminile.
Chi cerca “donne migliori” altrove sta fraintendendo il funzionamento del mercato. Le dinamiche non cambiano: cambia la sua posizione nel gioco.
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Ciò che si decompone non può rigenerarsi, ma può solo rinascere, sotto altre forme.
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