Continuo Movimento
Affrontare il dolore non è mai un’esperienza semplice; nella migliore delle ipotesi gli eventi dolorosi possono diventare il punto di partenza verso nuove consapevolezze, grazie agli insegnamenti che ne ricaviamo, ma, nella peggiore invece delle ipotesi, il dolore può distruggere la persona dall’interno, minando la struttura profonda delle sue basi esistenziali.
Ognuno chiaramente è un mondo a sé, nessun uomo è uguale ad un altro; basti pensare al fatto che nemmeno noi rimaniamo sempre uguali a noi stessi (ad esempio, ciò che eravamo qualche ora fa, anche a livello puramente biologico parlando, non è ciò che siamo adesso. Siamo in continuo movimento, in continua mutazione).
Così accade anche nelle esperienze di sofferenza, tutti reagiamo in maniera diversa, esiste chi è più forte, più abile a sviscerare il dolore, chi lo è di meno… in ogni caso, non c’è un migliore o un peggiore in questo.
Esistono però diversi modi per affrontare tutto ciò, che possono essere utilizzati da qualsiasi persona: uno di questi è sicuramente l’azione.
Fragilità Mentale
Riprendendo i concetti psicologici di Janet (psichiatra francese di fine ‘800), l’azione assume un ruolo chiave nella nostra vita. Talune volte, il dolore può immobilizzare le persone, renderle abuliche (incapaci proprio di intraprendere qualsiasi azione).
“Soffrire” può imprigionarci dentro ad un tunnel d’immobilità a spirale, dove intorno a noi, e noi con loro, fluttuano pensieri quasi apocalittici verso la nostra esistenza, sensazioni di sconfitta.. in un loop continuo, che ci spinge a dissociarci quasi con la realtà: essa diventa qualcosa di estraneo, qualcosa in cui non riusciamo più ad affermarci; il presente diventa effimero, rimaniamo bloccati nel passato, senza energie per agganciare il nostro essere e il nostro esistere a quel flusso vitale che ci trasporta nell’avvenire e nel divenire.
Ciò può comportare la comparsa di depressione, ansia, fragilità mentale: è bene sottolineare che il confine tra “sano” e “malato” in realtà non è così spesso come si può immaginare.
Normalità e patologia sono separate da una linea sottile quasi impercettibile; tutti noi possiamo inciampare in questa debolezza mentale e ammalarci, potenzialmente, tutti siamo soggetti ad essere dei fragili mentali.
Essere deboli mentali può sembrare una definizione brutale per certi versi e anche un po’ screditante verso qualcuno, in realtà non è così, significa semplicemente non avere forza mentale sufficiente per sincronizzarsi con il mondo, provando tutta quella serie di stati d’animo ed emozioni descritte prima.
Funzione Del Reale
Tornando a Janet, lui affermava che esiste una funzione particolare nella nostra mente, chiamata “Funzione del reale”: è una delle funzioni superiori della mente, che nei casi di fragilità provocati da forti sofferenze ad esempio, può abbassarsi e venire meno, poichè la persona non riesce ad esaminare coerentemente la realtà e nemmeno a narrarla a sè stessa, talmente immersa nel tunnel di cui parlavamo prima.
Questa funzione viene meno nel momento in cui viene meno l’azione; agire, anche quando si vivono forti esperienze di dolore è davvero fondamentale, poiché ci permette di affermarci nel mondo, fare della realtà qualcosa di malleabile. Attraverso l’azione e il narrare le nostre azioni, prendiamo consapevolezza degli eventi e di ciò che ci accade.
E’ necessario, sempre, anche con il supporto di terzi, farsi attraversare dal dolore: esso non deve essere mai qualcosa che respingiamo, deve inghiottirci, soffocarci, pulsare attraverso le arterie del nostro sentire. Ciò può aiutarci a farlo fluire; ignorare il dolore significa ignorare noi stessi, ignorare qualcosa che ritornerà probabilmente in maniera molto più violenta nel nostro futuro.
Il Potere Dell’Azione
Ma, non deve essere solo questo. Mentre ci facciamo attraversare, non dobbiamo rimanere immobili; avete presente i surfisti? Vanno attraverso e verso l’onda, dominandola.
Ecco, il dolore deve essere la nostra onda e l’agire la nostra tavola.
L’azione ci consente di soffrire vivendo il presente, mantenendo intatto il nostro contatto vitale con la realtà, rendendo presenti e consapevoli a noi stessi i nostri stati d’animo e i fenomeni che ci accadono, imparando così a dominarli; ecco come: il nostro cervello apprende per esperienze ripetute. Anche il pensiero, che sia negativo o positivo, è un’esperienza da cui il cervello trae insegnamenti.
Dunque, tutto ciò che pensiamo, ciò che facciamo è esperienza: riuscire a direzionare i nostri stati d’animo attraverso le azioni, senza rimanere affissi nell’immobilità, insegnerà alla nostra mente che, qualsiasi cosa accada è solo un nuovo passo verso l’inarrestabile divenire.